Scolpisco per trovare nelle forme le tracce del cambiamento. Le cerco nelle ramificazioni degli alberi, sulle superfici aspre delle rocce o nelle distese immobili dell’acqua. Plasmo sculture dalle forme molto definite perché vorrei fissare nella materia, con precisione e in modo netto, uno specifico stato della materia. Altre volte la scultura si dissolve tra le mie mani come un riflesso di luce che si rifrange su uno specchio d’acqua e allora la forma si trasforma in segno.
Modello e disegno forme perché credo che ciò mi permetta di far parte delle Cose.
Penso che la solidità della scultura possa condizionare lo spazio circostante anche se, ad un tratto, le forme scolpite si smaterializzano, trasformandosi in riflessi incorporei ed evanescenti.
Per me la scultura è mutazione, trasformazione, cambiamento ed è nella ripetizione delle forme che inseguo le infinite variazioni della forma. Ripetere e riprodurre una forma, come ripercorrere un sentiero o un cammino, mi permette di coglierne tutte le infinite sfumature cercando me stesso nelle sue molteplici tracce.
Nell’atto di creare nuove forme gli occhi e le mani si scambiano i ruoli: gli occhi le plasmano e le mani ne svelano i confini. Ed è proprio il Confine secondo me uno dei nuclei fondanti della scultura. L’arte dello scolpire delimita, racchiude o esclude, incorpora spazi e forme creando territori. Nelle sculture che io amo il Confine oscilla, diventa luogo di transito dove tutto si trasforma passando dall’essere terreno, fisico e pesante all’essere fatto di luce.