Se la vocazione di tutte le cose è trovare un senso, una struttura su cui fondare il proprio senso, indubbiamente le pervade anche una nostalgia diabolica di perdersi nelle apparenze, nella seduzione della propria immagine. L’opera Riflessioni di superficie configura dunque la distanza tra il reale e il suo doppio, la distorsione tra il Sé e l’Altro. “Chino sulla fonte, Narciso si disseta: la sua immagine non è più altra, è la sua stessa superficie che lo assorbe, lo seduce, al punto che può solo avvicinarsi ad essa senza mai passare al di là, perché non c’è più un al di là come non c’è tra lui e la sua immagine una distanza riflessiva.”